Analisi di Silvia Verdoljak
L’incontro del 9 luglio a Bali tra il Segretario di Stato degli USA, Antony Blinken ed il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese (RPC), Wang Yi, è durato 5 ore. Blinken ha infatti chiarito in ogni dettaglio a Wang Yi la nuova linea politica degli USA nelle relazioni tra i due Paesi.
La nuova linea politico-strategica verso la RPC che il Dipartimento di Stato ha elaborato per l’Amministrazione Biden era già stata presentata ufficialmente alla stampa il 26 maggio con un discorso pubblico del Segretario Blinken alla George Washington University su invito dell’Asia Society Policy Institute.
L’importanza dell’argomento era ed è straordinaria, perché l’aggressività dell’espansione economica, politica e militare globale della Cina comunista è la minaccia strategica principale del XXI secolo. Ma i politici ed i media europei avevano pressoché ignorato l’evento.
È una disattenzione che non sorprende, perché quasi tutti i loro Governi, e la stessa UE dichiarano fedeltà agli USA ed all’Alleanza Atlantica, ma appoggiano l’espansione finanziaria e commerciale della Cina comunista.
Il doppio gioco di quei Governi europei e dell’UE si reggeva sinora su manipolazioni dell’informazione e sulla speranza che l’Amministrazione Biden adottasse verso la RPC una linea politica più debole di quella dell’Amministrazione Trump.
Ma la nuova linea politica del Dipartimento di Stato verso la RPC non è più debole. È formulata con uno stile diplomatico diverso per esprimere i medesimi principi etici degli USA e le medesime posizioni critiche verso il regime comunista cinese.
La RPC sta inoltre approfittando della crisi russo-ucraina per aumentare sia la propria pressione militare nel Pacifico, sia le operazioni di penetrazione finanziaria e logistica nell’Europa centro-orientale anche attraverso imprese europee.
In risposta, gli USA hanno già avviato il collegamento difensivo globale tra i Paesi dell’Alleanza Atlantica e quelli del nuovo Partenariato strategico-militare per la sicurezza nell’Indo-Pacifico, e proseguono con il consolidamento economico dell’Europa centro-orientale nella Three Seas Initiative, di cui Trieste è parte essenziale.
Tutto questo significa che si avvicina il momento in cui i Governi europei e l’UE dovranno fare una scelta di campo chiara e concreta tra gli USA e la RPC, e non potranno più nascondere all’opinione pubblica europea le informazioni fondamentali sull’argomento.
Noi intanto vi offriamo qui una sintesi dei punti principali della nuova politica degli USA verso la RPC, tratti dal discorso pubblico del Segretario di Stato Blinken tenuto il 26 maggio scorso e da sue altre dichiarazioni ufficiali recenti.
Rischi strategici e collaborazione internazionale
Il Dipartimento di Stato ha elaborato queste nuove linee strategiche per consentire alla politica statunitense di affrontare con successo i rischi strategici, politici ed economici determinati dallo sviluppo e dall’espansione straordinari della Repubblica Popolare Cinese, senza tuttavia dimenticare che in un mondo dove i problemi sono di portata globale, le soluzioni devono essere frutto della collaborazione tra le potenze internazionali.
Nessuno Stato, da solo, può infatti affrontare con successo problemi che sono di portata globale: la tutela dell’ambiente e le crisi politiche, economiche o sanitarie richiedono sempre più collaborazione e condivisione. E per questo motivo lo strumento più importante per affrontarle è la diplomazia.
Il rispetto dell’ordinamento internazionale
Il presupposto delle relazioni eque e costruttive tra Stati è l’ordinamento internazionale che si è consolidato dopo due conflitti mondiali come sistema di meta-regole condivise per la tutela di diritti inalienabili ed universali.
Proprio perché si tratta di meta-regole condivise, la loro difesa è fondamentale per garantire i diritti di ognuno, e la loro eventuale modifica deve avvenire di comune accordo per ampliare le tutele, e non per ridurle.
Le ambizioni egemoniche della Cina comunista
Il rispetto dei diritti si misura però sui fatti concreti. A parole, anche la RPC sostiene i princîpi di sovranità ed integrità territoriale stabiliti dal diritto internazionale. Ma nei fatti il regime comunista cinese non esita a violarli ed a schierarsi con altri Governi che li violano.
La RPC non è ovviamente l’unico soggetto che mira a modificare unilateralmente l’ordinamento internazionale, ma negli ultimi 50 anni il regime comunista cinese ha sviluppato risorse economiche, diplomatiche e militari tali da essere il solo a poter effettivamente realizzare quest’ambizione.
Ed è quest’ambizione egemonica che rappresenta la più seria minaccia a lungo termine per i principi del diritto internazionale che regolano i rapporti tra gli Stati, tutelano i diritti dei loro abitanti e disciplinano gli scambi commerciali.
E proprio perché queste norme sono condivise, è importante che il resto della Comunità internazionale le tuteli potenziando le proprie relazioni diplomatiche.
Occorre infatti modificare il contesto nel quale la RPC si muove, affermando e sostenendo un sistema internazionale aperto ed inclusivo.
Anche per questo gli Stati Uniti si ripromettono di promuovere il dialogo tra i loro alleati nel Pacifico e quelli dell’Alleanza Atlantica.
Competizione non significa conflitto
L’importanza del dialogo tra Stati e la centralità del diritto internazionale significano anche che gli Stati Uniti porteranno avanti la competizione tra il loro sistema di governo e quello della RPC senza riproporre le divisioni della “guerra fredda”.
Gli Stati Uniti non vogliono imporre agli altri Paesi un’alternativa all’alleanza con il regime comunista cinese, ma dimostrare che l’alternativa esiste e garantisce la difesa concreta delle loro libertà.
Anche per questo, la competizione non deve escludere la collaborazione reciproca, e non deve generare discriminazione etnica e culturale: la RPC non sarebbe diventata la potenza che è ora senza il duro lavoro, l’ingegno ed il talento della sua popolazione.
Gli Stati Uniti hanno una popolazione composita anche grazie alla capacità (che Blinken definisce “magica”), di attrarre persone di talento da tutto il mondo, compresa la Cina.
Degradare una sana competizione ad un conflitto razzista significherebbe contraddire i princîpi di uguaglianza sui quali si fondano l’ordinamento internazionale e la promessa degli Stati Uniti come terra di opportunità per tutti.
La RPC vìola diritti universali
Fedeli a questi valori, gli Stati Uniti condannano il genocidio che la classe politica della RPC sta attuando nello Xinjiang, dove oltre un milione di persone sono perseguitate per la loro appartenenza etnica e religiosa (gli Uiguri sono in maggioranza musulmani).
Allo stesso modo, gli Stati Uniti sono vicini al popolo del Tibet, le cui tradizioni, lingue e religioni sono perseguitate, ed agli abitanti di Hong Kong, i cui diritti vengono erosi nel nome della “sicurezza nazionale”.
La RPC risponde a queste critiche dichiarando che quei soprusi sono “affari interni” nei quali nessuno avrebbe il diritto di ingerirsi.
Ma così non è, perché sono violazioni di diritti codificati riconosciuti ed approvati da tutti gli Stati, in particolare con la Carta delle Nazioni Unite e con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
La RPC si era impegnata davanti all’intera Comunità internazionale a rispettare questi strumenti di diritto, e nel caso di Hong Kong li aveva anche riconfermati con la Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica, che è un Trattato registrato presso le Nazioni Unite.
La RPC rifiuta inoltre di interrompere le proprie rivendicazioni crescenti sul Mar Cinese Meridionale (vedi mappa), nonostante la decisione con cui la Corte Arbitrale dell’Aia ha confermato che quella regione marittima deve rimanere condivisa con Taiwan, le Filippine, la Malesia, il Brunei, l’Indonesia ed il Vietnam.
Per quanto riguarda di Taiwan, infine, tutte le parti devono impegnarsi a mantenere lo status quo. Ed a questo scopo gli Stati Uniti hanno mantenuto non ufficiali le relazioni con l’isola, senza sostenerne l’indipendenza.
La RPC ha invece aumentato la tensione con retoriche interventiste, con sorvoli militari e con ritorsioni contro gli Stati che hanno intrapreso relazioni commerciali con Taiwan.
Le controversie nella regione del Pacifico dovrebbero essere risolte con il dialogo e promuovendo gli interessi di tutti, senza prevaricazioni.
Relazioni economiche asimmetriche
Il rispetto per le norme condivise del diritto internazionale è anche il presupposto per uno sviluppo economico sano, che garantisca la libera circolazione delle merci, i diritti dei lavoratori e naturalmente la libera concorrenza.
Anche nelle relazioni commerciali, tuttavia, la RPC segue una politica asimmetrica sia verso le aziende straniere che lavorano in Cina, sia quando insedia le proprie attività economiche negli altri Stati.
Un problema spesso sottovalutato nelle relazioni economiche con la RPC è l’assoluto controllo dello Stato (dunque del regime comunista che lo governa) su banche ed imprese.
Questo controllo statale sull’economia offre da un lato garanzie molto ampie alle imprese della RPC, ai loro prodotti e ai loro brevetti, oltre a facilitazioni nel ricevere mutui o finanziamenti, e dall’altro impone alle imprese estere numerose limitazioni, spesso accompagnate da coercizione.
Ne consegue dunque una concorrenza sleale. Non è raro inoltre che imprese della RPC si impossessino di proprietà intellettuali altrui ed immettano sul mercato prodotti simili, ma di qualità inferiore, danneggiando anche agli acquirenti.
Quando è la RPC ad investire all’estero, spesso dietro a grandi promesse si nascondono debiti insolvibili, clausole che favoriscono in maniera sproporzionata gli interessi degli investitori cinesi, nonché i medesimi problemi di cui sopra, sia in materia di tutela asimmetrica degli investimenti che in materia di accordi internazionali.
È in questo contesto che gli Stati Uniti hanno istituito il Quadro Economico Indo-Pacifico per la Prosperità (Indo-Pacific Economic Framework for Prosperity – IPEF) al quale hanno già aderito 14 Stati.
Problemi globali e collaborazione
La competizione non deve escludere la collaborazione. Gli Stati Uniti e la RPC sono la prima e la seconda potenza mondiale, ma nessuna può affrontare da sola problemi che coinvolgono la popolazione di tutti gli Stati.
La tutela dell’ambiente ad esempio richiede la collaborazione di RPC e Stati Uniti, perché si tratta del primo e del secondo Stato per emissioni di CO2.
Ridurre le emissioni di CO2 significa migliorare la qualità della vita di tutti, soprattutto nelle aree più povere del mondo.
Si tratta infatti delle zone più colpite dalla desertificazione, dove la scarsità d’acqua e l’insicurezza alimentare spingono molte persone ad emigrare e sul conseguente degrado prospera la criminalità organizzata.
Oltre a prevenirne le cause, la criminalità organizzata, in particolare quella dedita al traffico di esseri umani o di droga, deve essere affrontata con operazioni congiunte tra forze di polizia di Paesi diversi.
Infine, sempre nell’ambito della sicurezza globale, è fondamentale contrastare la proliferazione di armi nucleari. Washington sostiene la denuclearizzazione della penisola coreana e considera preoccupante che invece Pechino ponga il veto ad ulteriori sanzioni dell’ONU contro il regime di Pyongyang.
Una politica fondata su tre principi
Gli Stati Uniti riassumono in tre princîpi la loro nuova politica nei rapporti con la RPC: investire, allinearsi, competere.
Investire significa potenziare la proprie risorse economiche e politiche, allinearsi significa sincronizzare le proprie azioni con i propri alleati, in modo da avere delle solide basi per una sana competizione che porti vantaggi per tutti.
È in questa prospettiva che il Dipartimento di Stato prevede di costruire una “China House” ovvero un gruppo di lavoro incaricato di studiare e modernizzare la diplomazia alla luce della nuova politica.
I prossimi dieci anni saranno decisivi per realizzare il futuro di libertà e prosperità che gli Stati Uniti desiderano costruire insieme alla Comunità internazionale.
Si tratta di un obiettivo di straordinaria importanza, al quale, come ha precisato il Segretario di Stato Blinken, tutti sono chiamati a contribuire.