Il Corriere di Trieste

Medio Oriente: perché la pace si costruisce con gli Accordi di Abramo

Medio Oriente: perché la pace si costruisce con gli Accordi di Abramo

Analisi di Silvia Verdoljak

Di fronte agli orrori della guerra, il pacifismo teorico non risolve nulla e distoglie l’attenzione dalle azioni concrete che sono necessarie per soccorrere le vittime e per ripristinare e mantenere la pace.

Perché le vittime non hanno bisogno di solidarietà verbale, ma di aiuti umanitari concreti, e per ripristinare e mantenere la pace sono necessarie attività politico-diplomatiche fondate sull’analisi obiettiva delle cause del conflitto e dei modi per superarle.

L’attuale “guerra di Gaza” è stata scatenata dai terroristi di Hamas che il 7 ottobre hanno compiuto un massacro atroce di civili israeliani, prendendo in ostaggio vecchi, donne e bambini ed usando come scudo umano la popolazione civile palestinese per accusare di genocidio la reazione militare israeliana.

Sul resto del mondo questa strategìa ha avuto effetti di confusione politica e morale straordinari, che vanno dal razzismo antiebraico al razzismo antiislamico, all’illusione pacifista che la tregua militare con i terroristi possa creare la pace.

È un’illusione, perché gli stessi capi di Hamas hanno dichiarato di aver scatenato il massacro del 7 ottobre per bloccare lo sviluppo delle normalizzazione dei rapporti politici, economici e culturali tra Paesi Arabi ed Israele avviata con successo dagli USA attraverso gli “Accordi di Abramo”.

Il motivo è evidente. Hamas e le organizzazioni terroristiche analoghe non sono difensori dell’Islàm, ma strumenti di destabilizzazione utilizzati per creare e mantenere come guerre di religione conflitti che hanno invece matrice politica, economica e strategica.

Ne è prova la stesse ferocia bestiale dell’attacco del 7 ottobre con cui capi e mercenari di Hamas hanno violato tutti i precetti sacri dell’Islàm che impongono il rispetto della pace, il disinteresse economico dei combattenti, la protezione ed il rispetto degli inermi, delle donne, dei bambini e dei prigionieri, e vietano brutalità e barbarie contro la dignità della persona umana.

Con gli Accordi di Abramo gli Stati contraenti spezzano questo gioco infernale riconoscendo il fatto che Ebraismo, Cristianesimo ed Islàm – le Religioni del Libro – sono tre grandi vie spirituali che si sviluppano da una stessa radice, simbolizzata dal Patriarca Abramo, verso la stessa Realtà suprema.

E su questo riconoscimento gli Stati contraenti fondano la normalizzazione dei loro rapporti di cooperazione economica, scientifica, culturale ed interreligiosa nella serenità politica e spirituale che è la condizione indispensabile per consolidare la pace superando fanatismi e pregiudizi.

Alle operazioni militari che sono necessarie per eliminare la minaccia del terrorismo deve seguire perciò l’intensificazione di quegli accordi di pace con tutti i paesi islamici del Medio Oriente e del Nord Africa.

Lo ha ribadito il Segretario di Stato USA Antony Blinken nel messaggio ufficiale del 2 dicembre per la Giornata nazionale degli Emirati Arabi Uniti – EAU, che sono legati agli Stati Uniti da oltre cinque decenni di amicizia e collaborazione per il mantenimento delle pace nel Medio Oriente.

Blinken ha ricordato in particolare che la comune determinazione di promuovere la stabilità e la pace nella regione, prevenire le minacce, ridimensionare i conflitti e promuovere un programma positivo di prosperità e coesistenza pacifica si concreta oggi negli Accordi di Abramo.

Dovrebbe essere dunque evidente anche in Europa che non è possibile eliminare definitivamente la minaccia di Hamas e delle altre organizzazioni terroristiche pseudo-islamiche senza la cooperazione attiva dei Paesi arabi, degli altri Paesi islamici e delle loro autorità politiche e religiose.

Questa cooperazione è inoltre in atto da tempo, su iniziativa coraggiosa e tenace degli USA e con successi così straordinari che i politici ed i media dei Paesi europei ed extraeuropei interessati alla destabilizzazione della regione evitano di darne le informazioni che sono necessarie per orientare correttamente l’opinione pubblica.

Riteniamo perciò doveroso offrire ai nostri lettori una sintesi delle informazioni essenziali che possono essere utili per superare disinformazioni e pregiudizi che, in quanto tali, aggravano i motivi di conflitto invece di favorire la pace.

 

Origine e sviluppo degli Accordi di Abramo

I primi Accordi di Abramo sono stati sottoscritti solennemente il 15 settembre 2020 in un incontro alla Casa Bianca tra i rappresentanti di Stati Uniti, Israele, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti.

15 settembre 2020, Casa Bianca. Cerimonia per la firma degli Accordi di Abramo. Il Presidente Donald J. Trump, il Ministro degli Affari Esteri del Bahrein Dr. Abdullatif bin Rashid Al-Zayani, il Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu e il Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti Abdullah bin Zayed Al Nahyan sottoscrivono i primi Accordi di Abramo.

15 settembre 2020, Casa Bianca. Cerimonia per la firma degli Accordi di Abramo. Il Presidente Donald J. Trump, il Ministro degli Affari Esteri del Bahrein Dr. Abdullatif bin Rashid Al-Zayani, il Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu e il Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti Abdullah bin Zayed Al Nahyan sottoscrivono i primi Accordi di Abramo.

Il 22 ottobre 2020 il Centro Globale per la Pace e la Coesione intitolato a Re Hamad del Bahrein e l’Ufficio dell’Inviato Speciale degli Stati Uniti per Monitorare e Combattere l’Antisemitismo (Office of the Special Envoy to Monitor and Combat Antisemitism – SEAS) hanno firmato a Washington un Memorandum d’Intesa sull’antisemitismo, che riconosce anche la necessità per ebrei e musulmani di unire le forze in un mondo nel quale sono entrambi vittime di pregiudizi e discriminazione.

Nel Dicembre 2020 il Marocco ha normalizzato le relazioni con Israele, mentre un mese dopo, nel gennaio 2021, il Sudan ha firmato la Dichiarazione degli Accordi di Abramo ed avviato con Israele negoziati per la normalizzazione delle relazioni.

L’iniziativa di pace tra mondo ebraico e mondo islamico è valsa al Presidente Donald J. Trump la candidatura al Premio Nobel per la pace.

L’Amministrazione Biden ha dichiarato di agire “in continuità con l’amministrazione Trump” ed ha espresso l’intenzione di costituire un nuovo incarico (position) per promuovere la pace in Medio Oriente ed espandere gli Accordi di Abramo.

Nel marzo 2022 si è tenuto in Israele il Summit del Negev per l’applicazione degli Accordi di Abramo, al quale hanno partecipato, su iniziativa israeliana, i Ministri degli esteri di Egitto, Marocco, Bahrein, Emirati Arabi Uniti ed il Segretario di Stato USA Antony Blinken.

Nel corso del Summit è stato deciso di rinnovare l’iniziativa come Forum annuale per promuovere investimenti, scambi culturali e per proteggere la pace e la stabilità nella regione, vigilando in particolare sulle ambizioni nucleari dell’Iran.

A gennaio 2023 il Forum del Negev si è riunito ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, con la partecipazione del paese ospitante, del Bahrein, dell’Egitto, del Marocco, di Israele e degli USA e la collaborazione economica è stata aperta anche ai settori della scienza e delle nuove tecnologie.

Sinora Israele ha proposto agli Stati Uniti di valutare l’estensione degli Accordi di Abramo anche ad Indonesia, Niger, Mauritania e Somalia, mentre l’Oman e la Giordania hanno già espresso il proprio interesse.

L’interesse del Regno Hashemita di Giordania ha particolare significato per i suoi ruoli di Custode dei luoghi sacri di Gerusalemme e di mediatore nel conflitto israeliano-palestinese. Nel 1994 la Giordania è stata inoltre il secondo Paese arabo, dopo l’Egitto (1979) ad aver firmato un accordo di pace con Israele.

I risultati economici e culturali degli Accordi di Abramo nei primi tre anni sono straordinari. Gli scambi commerciali tra gli Stati contraenti hanno generato oltre 3,37 miliardi di dollari, e la creazione di 17 linee aeree (2022) ha permesso a quasi mezzo milione di turisti israeliani di visitare per la prima volta gli Stati arabi vicini.

Già nel 2021, ad un solo anno dalla firma dei primi protocolli, abbondavano in rete le testimonianze (anche in lingua inglese) di giovani medio-orientali di tutte le fedi ed etnie che raccontavano con entusiasmo di aver potuto finalmente visitare luoghi sacri ed assistere ad eventi tradizionali prima inaccessibili, scoprendo mondi culturali e spirituali che non conoscevano.

Nel maggio 2021 è stato costituito a Washington l’Abraham Accords Peace Institute, il cui obiettivo è promuovere il dialogo tra fedi e culture diverse per costruire la pace “tra le tre religioni abramitiche e tutto il genere umano”.

Nel 2023 gli Emirati Arabi Uniti hanno inaugurato una “Casa della Famiglia di Abramo” formata da una sinagoga, una moschea, una chiesa cristiana ed un centro convegni per la promozione delle conoscenza reciproca tra le persone di tutte le fedi.

Questo complesso culturale ecumenico è stato istituito a seguito della Dichiarazione sulla Fratellanza Universale firmata nel 2019 da Papa Francesco per la Chiesa Cattolica Romana e dallo Sceicco Ahmad el-Tayyib, 44° Grande Imam di Al-Azhar.

Tra giugno ed agosto del 2023 i colloqui tra USA ed Arabia Saudita per la normalizzazione delle relazioni con Israele si sono intensificati includendo anche progetti di pace concreti a favore del popolo palestinese.

Si tratta di accordi decisivi, sia per il peso politico, economico e strategico del’Arabia Saudita, sia perché il suo sovrano esercita anche il ruolo di Custode delle Sacre Moschee di Medina e La Mecca.

Per quanto riguarda i Palestinesi, le parti convenivano che Gaza non poteva continuare ad essere dominata dai terroristi di Hamas come base per attacchi contro Israele, e progettavano un solido pacchetto di misure efficaci per la creazione di uno Stato palestinese pacifico, demilitarizzato ed indipendente.

In questa prospettiva, erano stati invitati al Forum del Negev del gennaio 2023, ad Abu Dhabi, anche l’Autorità Nazionale Palestinese e la Giordania.

Il 20 settembre 2023 il Principe Ereditario saudita Mohammed bin Salman ha annunciato a Fox News che l’accordo di normalizzazione con Israele era ogni giorno più vicino. A questo scopo era anche prevista per metà ottobre una visita del Segretario di Stato USA Antony Blinken in Arabia Saudita.

I gruppi di lavoro del Forum del Negev ad Abu Dhabi (9-10 gennaio 2023). Foto: per cortese concessione del Ministero degli Affari Esteri degli EAU.

I gruppi di lavoro del Forum del Negev ad Abu Dhabi (9-10 gennaio 2023). Fonte della foto: il Ministero degli Affari Esteri degli EAU.

L’interruzione criminale e le reazioni

Il 7 ottobre i capi di Hamas hanno tentato di paralizzare l’intero processo di pace attaccando Israele con mercenari incaricati di compiere un massacro bestiale di civili e di ritirarsi con ostaggi a Gaza usando i prigionieri e la popolazione palestinese come scudo umano per impedire la reazione militare israeliana.

Per la data del massacro, Hamas ha scelto inoltre un giorno di festa (l’ultimo Shabbath di Sukoth, che era anche il cinquantesimo anniversario della Guerra del Kippur del 1973, quando gli eserciti egiziano e siriano invasero senza dichiarazione di guerra lo Stato di Israele per annientarlo, con il sostegno di altri 11 paesi arabi od islamici, dell’Unione Sovietica, della Germania Est, di Cuba e della Corea del Nord).

Il calcolo criminale dei capi di Hamas ha avuto effetti propagandistici, disorientando l’opinione pubblica, ma in concreto sta ottenendo risultati opposti. Israele ha infatti contrattaccato per eliminare definitivamente i terroristi da Gaza, mentre i Governi saudita e statunitense hanno confermato la volontà di proseguire con gli accordi di pace.

Per gli USA il Segretario di Stato Antony Blinken aveva confermato questa posizione già il 24 ottobre 2023 davanti ai Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con estrema chiarezza:

«Abbiamo davanti a noi due strade. E la differenza non potrebbe essere più grande.

Una è la strada offerta da Hamas, e noi sappiamo a cosa conduce: morte, distruzione, sofferenza ed oscurità.

L’altra è la strada verso l’incremento della pace, della stabilità, dell’opportunità, della normalizzazione e dell’integrazione – una strada verso la possibilità per gli abitanti della regione di vivere, lavorare, pregare e studiare gli uni accanto agli altri, una strada verso la possibilità dei Palestinesi di realizzare il loro legittimo diritto all’autodeterminazione e ad un proprio Stato.

La più grande vittoria per Hamas sarebbe che si consentisse alla sua brutalità di precipitarci sulla sua strada di terrorismo e di nichilismo. Noi non dobbiamo permetterlo. Non dev’essere Hamas a scegliere per noi.

Gli Stati Uniti sono pronti a lavorare con chiunque sia pronto a forgiare un futuro di maggior pace e sicurezza per la regione – un futuro di maggiore pace e sicurezza per la regione, il futuro che i suoi abitanti desiderano e si meritano».

Il Segretario di Stato USA Antony Blinken al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, New York, 24 ottobre 2023. Fonte: U.S. Department of State.

Il Segretario di Stato USA Antony Blinken al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, New York, 24 ottobre 2023. Fonte: U.S. Department of State.

Si può quindi sperare che la ragione prevalga, e che le energìe sprecate in contrapposizione politiche sulla questione palestinese vengano invece impegnate responsabilmente per inviare aiuti materiali concreti a tutte le vittime del conflitto e per appoggiare gli Accordi di Abramo.

Il valore strategico, economico e morale degli Accordi di Abramo non si limita inoltre al Medio Oriente, perché possono venire estesi alla normalizzazione dei rapporti tra lo Stato di Israele e gli altri Stati islamici che ancora non lo riconoscono o non hanno con esso relazioni diplomatiche.

Le religioni come strumenti di pace

L’efficacia degli Accordi di Abramo sta nella consapevolezza del fatto che l’ignoranza ed il fanatismo usano le religioni come motivi di conflitto, mentre la conoscenza e la ragione le riconoscono come vie spirituali convergenti di pace e di fraternità universale.

E non è per caso, ma per un motivo che l’applicazione politico-diplomatica di questo principio alla risoluzione di conflitti del Medio Oriente venga proposta dagli Stati Uniti d’America, e non da altri Paesi.

Il motivo è che la società multireligiosa e multietnica è la caratteristica fondante degli Stati Uniti d’America, popolati da coloni che fuggivano dalle persecuzioni politico-religiose dei regimi europei in un arco di tempo che va dai Padri Pellegrini degli inizi del 17° secolo agli scampati alla Shoah del 20° secolo, fino ai Rohingya, musulmani, sopravvissuti o in fuga dal genocidio in corso dal 2016-2017 per mano dei regimi della Birmania-Myanmar.

Il pensiero politico statunitense che assegna alla libertà di fede un primato etico, giuridico e sociale come “la prima libertà d’America” (America’s first freedom) trova fondamento nello Statuto della Virginia redatto da Thomas Jefferson (1786), fonte di ispirazione per il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America.

Questo principio si riflette anche nella politica estera americana recente, dove il Segretario di Stato dell’Amministrazione Trump, Michael R. Pompeo, ricordava che soltanto la coesistenza può “offrire a nazioni stravolte dalle guerre di religione la speranza che persone di diversa fede possono vivere in unità.”.

Con l’Amministrazione Biden gli stessi principi animano l’opera del Segretario di Stato Antony Blinken, che si ispira anche a quella del suo padre adottivo Samuel Pisar (1929-2015), celebre avvocato internazionalista consulente delle Amministrazioni Kennedy (1961-1963) e Nixon (1969-1974) e candidato al premio Nobel per la Pace.

Dalla pace alla riconciliazione: i precedenti

La pace è anche il presupposto al passo successivo della normalizzazione dei rapporti tra popoli e tra Stati, per superare le conseguenze morali negative di conflitti storici: la riconciliazione.

La riconciliazione tra le parti in conflitto od i loro eredi non si ottiene con la cancellazione della memoria dei fatti, né dei torti e delle ragioni, ma con il loro riconoscimento obiettivo accompagnato dalla volontà di non ripetere gli errori commessi, e di superarne le eredità di sofferenza, odio e pregiudizio per costruire assieme un mondo di pace e fraternità.

L’esperienza moderna più significativa ed efficace in materia è la Dichiarazione Ceco-Tedesca sulle Relazioni Reciproche ed i loro Futuri Sviluppi (German-Czech Declaration on the Mutual Relations and their Future Development, LINK) firmata a Praga nel 1997, al quale è seguita nel 1998 l’istituzione di un “Fondo per il Futuro” (Zukunftsfund) per finanziare le iniziative di riconciliazione e cooperazione e di un Fortum annuale di discussione ceco-tedesco (German-Czech Discussion Forum) in materia.

La Dichiarazione ceco-tedesca di Praga del 1997 è stata formulata tra le due parti con il coraggio della verità per consentire alle nuove generazioni di riconoscere e superare le tragedie immani scatenate dei nazisti tedeschi tra il 1938 ed il 1945, con lo sterminio degli Ebrei, dei Rom, e degli oppositori politici, causando infine la persecuzione e l’espulsione in massa dei cechi di lingua tedesca.

Il 15° anniversario della Dichiarazione è stato celebrato nel marzo 2013 con una riunione solenne del Forum nella sede dell’Associazione dei Parlamentari tedeschi, alla presenza del Presidente del Bundestag, Norbert Lammer, del Ministro degli esteri della Repubblica Ceca, Karel Schwarzenberg, e del Vicepresidente dell’International Auschwitz Committee, Felix Kolmer, uno dei sopravvissuti alla Shoah.

Nei loro interventi ufficiali Karl Schwarzenberg ha affermato che la Dichiarazione di Praga è “una pietra angolare” per la costruzione dell’Europa odierna, e Feliz Kolmer ha invitato tutti a riflettere sul percorso che Cechia e Germania hanno saputo affrontare per raggiungere questo risultato.

Nel mese di marzo di quest’anno 2023 Giappone e Corea del Sud hanno annunciato di aver scelto la via della riconciliazione per “risolvere problemi storici sensibili“, che in questo caso riguardano sia le atrocità commesse dall’Esercito Imperiale Giapponese nei 35 anni di occupazione della Corea (in particolare dopo il 1937, anno in cui il Giappone imperiale dichiarò guerra alla Cina) sia l’espulsione e la discriminazione delle rispettive comunità etniche immediatamente dopo il conflitto.

È dunque perfettamente ragionevole che, nello spirito dei nostri tempi, con l’estensione degli Accordi di Abramo la normalizzazione dei rapporti tra i Paesi arabi ed Israele e la costituzione di uno Stato palestinese indipendente e demilitarizzato, vengano accompagnati dall’apertura di un processo di riconciliazione arabo-israeliano analogo a quello della Dichiarazione ceco-tedesca del 1997 ed all’attuale progetto coreano-giapponese.

Dovrebbe essere infatti evidente ad ogni persona di buona fede che questa è la sola strada maestra per ottenere finalmente la pace nella giustizia in tutto il Medio Oriente, e che la ferma volontà degli USA e dei Paesi arabi in questo senso merita l’appoggio di tutta la Comunità internazionale.

Ma è anche evidente che proprio per questo motivo dovrebbero anche cessare gli appoggi diretti ed indiretti che i terroristi di Hamas stanno ricevendo da fazioni politiche irresponsabili di troppi Paesi e da Governi che hanno invece interesse a mantenere ed aggravare la destabilizzazione della regione.

La Casa della Famiglia di Abramo (Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti).

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