Di Paolo G. Parovel.
Trieste, 21 agosto 2023. – In questi giorni i politici e la stampa italiana sembrano essersi finalmente accorti, con quattro anni di ritardo, che gli accordi del 2019 tra l’allora Governo italiano e la Repubblica Popolare Cinese – RPC sugli scambi commerciali e sul Porto di Trieste erano assurdi, pericolosi ed illegittimi.
Ma sono gli stessi politici e mass media che avevano sinora lodato e sostenuto quegli accordi senza nemmeno analizzarli, con la solita miscela di superficialità e servilismo che toglie ogni vitalità reale al pluralismo apparente della democrazia e della stampa in Italia.
Tant’è vero che non hanno analizzato quegli accordi nemmeno ora, per criticarli al seguito della nuova premier Giorgia Meloni, che sta invece dimostrando qualità personali concrete di buon senso, chiarezza e coraggio insolite per il bizantinismo psicologico e verbale del mondo politico italiano.
Le sole analisi e reazioni immediate e concrete su quegli accordi tra Roma e Pechino sono venute infatti da Trieste, e precisamente dalle nostre analisi e dalla causa civile intentata dalla International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste – I.P.R. F.T.T. (LINK).
Noi infatti abbiamo pubblicato subito una serie di analisi in italiano ed inglese che hanno dimostrato esattamente come e perché quegli accordi non fossero affatto semplici dichiarazioni d’intenti, ma trappole strategiche e commerciali pericolose, scrivendo quello che nessun altro ha avuto sinora il coraggio di dire.
Mentre la I.P.R. F.T.T. ha avuto il coraggio di fare ciò che nessun altro ha avuto il coraggio nemmeno di pensare: chiamare in Tribunale il Governo italiano sulla gestione del Porto Franco internazionale anche per l’illegittimità di quegli accordi con la Repubblica Popolare Cinese.
Sia le nostre analisi in inglese, sia la causa della I.P.R. F.T.T. – appoggiata da 238 cittadini ed imprese di Trieste e di altri Stati – hanno avuto e continuano ad avere ampia attenzione internazionale, anche perché le operazioni a favore della RPC sul porto di Trieste continuano nel modo più ovvio: attraverso imprese non-cinesi e Paesi europei condizionati da finanziamenti della RPC, e con l’appoggio di autorità locali.
Non è un segreto che l’attenzione a questi sviluppi si concentra in particolare su attività di HHLA – Hamburger Hafen und Logistik AG in relazione con COSCO, sul progetto di un terminale ungherese nell’area raffineria Aquila, sugli usi illeciti di aree del Porto Franco Nord (il cosiddetto “porto vecchio”), sulle scelte in materia dell’Autorità Portale presieduta da Zeno D’Agostino e sui comportamenti della magistratura locale nella causa aperta dalla I.P.R. F.T.T.
Gli osservatori ritengono inoltre che i fattori di crisi economica interna della Cina comunista e delle difficoltà conseguenti del suo regime politico possano incrementare la sua aggressività militare verso la Cina democratica (Taiwan) sia la sua aggressività economia sulle aree deboli dell’Europa centro-orientale e della regione ex Jugoslava.
Chi desidera approfondire questi problemi può attingere sia alla nostra analisi più recente sulla causa aperta dalla I.P.R. F.T.T. che si trova ora in grado d’appello con istanza di rinvìo pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (LINK) sia alle nostre analisi sugli accordi con la RPC:
– 29 novembre 2018: Il problema degli investimenti della Cina nel Porto di Trieste.
– 12 marzo 2019: Trattative Italia-Cina: protesta diplomatica da Trieste.
– 29 marzo 2019: Trieste: accordo illegittimo dell’Autorità Portuale con China Communications Construction Company.
– 18 maggio 2019: La trappola del Memorandum d’Intesa Italia-Cina.