Il Corriere di Trieste

Se l’UE destabilizza i Balcani: problemi e soluzioni

Analisi di Paolo G. Parovel

Il 12 luglio 2017 Trieste ha ospitato – dopo Parigi (2016) e Vienna (2015) – il Western Balkans Summit annuale, che ha lo scopo ufficiale di favorire la stabilizzazione dei Balcani Occidentali integrandone altri sei Stati nell’Unione Europea. Ma il problema è che questa forma di integrazione nell’UE sarebbe destabilizzante.

Il summit di Trieste è infatti il terzo incontro del Westbalkan Prozess che la Germania ha avviato con la Konferenz zum Westlichen Balkan di Berlino del 2014 per rinforzare la propria influenza sugli Stati deboli del Sud Est Europa, utilizzando l’UE per sottrarsi alle strategìe comuni della NATO e degli USA.

Le operazioni coperte dei revanscismi tedesco e italiano

Dalla fine degli anni ’80 la Germania e l’Italia tentano di assumere un ruolo di potenze regionali sulla fascia instabile di Paesi ex-comunisti che la Russia ha lasciato fra sé e l’Occidente come diaframma militare e come esca politica. E le operazioni italiane e tedesche in quest’area hanno sinora coinvolto e danneggiato gli equilibri strategici dell’area NATO più delle attività degli avversari esterni.

La convinzione politica della Germania e dell’Italia di avere diritto a riacquistare nell’Est europeo e nei Balcani i ruoli di supremazia perduti con la seconda guerra mondiale è una conseguenza delle strategìe occidentali della guerra fredda che hanno legittimato per decenni il revanscismo tedesco ed italiano in funzione anticomunista ed antisovietica.

A questo scopo l’Occidente democratico ha mantenuto ed alimentato dal 1945 al 1989 anche le organizzazioni europee della destra più estrema, ma non le ha poi disattivate per impedire che si rivoltassero contro la democrazia occidentale. Esattamente come è avvenuto con i mujāhidīn in Afghanistan.

Con la differenza che le sette estremiste pseudo-islamiche hanno scatenato contro l’Occidente una guerra aperta che lo costringe a combattere, mentre la rete dei revanscismi europei agisce influenzando la politica interna ed estera della Germania e dell’Italia, con operazioni che gli altri Paesi dell’Occidente e l’UE evitano perciò di contestare.

I ruoli dei due Paesi in queste operazioni sono complementari: la Germania non si compromette direttamente, ma fornisce alla rete delle organizzazioni revansciste europee massa numerica e basi logistiche, mentre l’Italia utilizza rivendicazioni di Stato verso la Slovenia e la Croazia per creare precedenti politico-diplomatici e giuridici di violazione dei trattati e dei principi del diritto internazionale.

Questo schema operativo è stato anche ufficializzato nel 2007 a Trieste con l’unione delle organizzazioni revansciste europee dal Baltico al Mar Nero in un’organizzazione-tetto a guida tedesco-italiana  la Europäische Union der Flüchtlinge und Vertriebenen / Unione Europea degli Esuli e degli Espulsi / European Union of Exiled and Expelled People.

Tra gli ambienti di estrema destra dei revanscismi europei e le sette estremiste pseudo-islamiche vi sono inoltre collegamenti di affinità ideologica, di traffici criminali e di interesse a spartirsi l’area mediterranea estromettendone gli USA, la NATO e la Russia.

I costi umani ed i danni strategici

I costi umani ed i danni strategici crescenti della sottovalutazione delle operazioni autonome tedesche ed italiane nei Balcani e nell’Est europeo sono stati già dimostrati dai conflitti artificiali ed evitabili che hanno prima dissolto la Jugoslavia destabilizzando i Balcani, e poi diviso l’Ucraina destabilizzando gli equilibri politico-militari fra NATO e Russia.

Nello stesso tempo il Governo italiano ha gestito l’amministrazione provvisoria dell’attuale Free Territory of Trieste in modo da impedire che le sue funzioni di porto franco di porto franco internazionale e di centro finanziario indipendente venissero utilizzate per favorire la stabilizzazione dei Balcani e dell’Est europeo.

Noi ci siamo specializzati in particolare (LINK) nelle analisi di contrasto delle operazioni con cui l’Italia ha favorito, assieme alla Germania, le guerre in Jugoslavia che gli USA tentavano di impedire, ed ha poi aggredito politicamente la Slovenia e la Croazia indipendenti con operazioni revansciste che sono state bloccate ripetutamente da Washington.

Le complicità dell’UE

Per tutti questi anni le istituzioni dell’UE si sono rese invece complici delle attività di destabilizzazione italiane e tedesche fingendo di ignorarle e sostenendo la tesi tedesco-italiana che per stabilizzare i Balcani sarebbe necessario integrarli nell’Unione Europea, a condizioni che hanno già danneggiato la Slovenia e la Croazia e provocato energiche reazioni dell’Ungheria.

Mentre l’intera costruzione dell’UE sta collassando perché impone ad aree geoeconomiche differenti un’integrazione burocratica che aggrava gli squilibri economici mandando in rovina gli Stati più deboli, accresce la dominanza tedesca ed incrina i rapporti con gli USA, che sono l’unico garante ed alleato storico affidabile dell’Europa.

Anche nel summit del 10 luglio a Trieste sui Balcani Occidentali la loro integrazione nell’UE è stata sostenuta con proposte di accordi svantaggiosi e promesse di investi,enti tedeschi, accompagnate dalle vecchie retoriche sul primato europeo occidentale e la “balcanizzazione”.

Il mito della “balcanizzazione”

Le tesi “europeiste” sui Balcani continuano infatti a perpetuare in maniera implicita od esplicita il mito politico razzista della “balcanizzazione” come una specie di tendenza genetica dei popoli balcanici alla disgregazione violenta, che dovrebbe essere sanata da una “civiltà europea” superiore.

Il vero carattere “balcanico” di quei popoli è consistito invece nella loro capacità culturale di convivere e commerciare pacificamente per secoli, anche quando erano travolti dalle guerre tra imperi e mentre gli europei occidentali si massacravano in guerre fratricide interminabili.

La “balcanizzazione” negativa l’hanno creata nel ventesimo secolo gli stessi politici europei occidentali che hanno distrutto le convivenze storiche di quei popoli nell’Austria-Ungheria e poi nella Jugoslavia, trasformando ogni volta i Balcani in un vuoto politico conteso tra gli imperialismi tedesco, italiano e russo.

Chi vuole comprendere meglio di quest’area dovrebbe incominciare almeno dalla lettura del Most na Drini (Na Drini Ćuprija – The Bridge on the Drina – Il ponte sulla Drina) del premio Nobel bosniaco Ivo Andrić (1945), e delle Réflexions sur la fin d’un Empire del màgiaro-austro-francese Yves de Daruvar (1980).

Quali soluzioni

Il problema strategico della stabilizzazione dei Balcani è urgente e complesso, ma in realtà le sue origini esterne prevalgono su quelle interne. E non riguarda la difesa militare dell’area, che può e deve essere garantita dalla NATO e dalle basi USA.

Il vero problema è consentire ai Paesi dell’area lo sviluppo economico equilibrato e sostenibile che è necessario per una vera stabilizzazione sociale e politica. Che non sarà possibile se verranno ridotti, uno dopo l’altro, a membri poveri dell’UE colonizzati dall’espansione tedesca e italiana.

La soluzione corretta è una strategìa di riconsolidamento complessivo dell’intera regione geoeconomica danubiana, alla quale appartengono anche i Balcani occidentali, in una libera confederazione di Stati fondata su accordi economici di convenienza reciproca concreta, e sulla pluralità tradizionale delle loro lingue, religioni e culture.

In questa soluzione il Free Territory of Trieste,  piccolo Stato sovrano europeo con Porto Franco internazionale e diritti di centro finanziario indipendente, ha un ruolo molto diverso da quello di ospitare le operazioni neo-coloniali del revanscismo italiano e tedesco.

Perché, come insegnano la geografia, l’economia e la storia, Trieste è  contemporaneamente la soglia dei Balcani occidentali ed il terminale mediterraneo della regione danubiana.

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