Il Corriere di Trieste

I 70 anni del Nobel per la Pace al Generale Marshall

I 70 anni del Nobel per la Pace al Generale Marshall

Gli Stati Uniti d’America e l’amministrazione di Trieste.

Analisi di Silvia Verdoljak

George C. Marshall (John Edward Bannon)

“La nostra politica non è diretta contro alcun Paese o ideologia, ma contro la fame, la povertà, la disperazione e il caos”.

George C. Marshall, Harvard, 5 giugno 1947

Trieste, 30 dicembre 2023. – Sono passati settant’anni dal conferimento del premio Nobel per la Pace a George C. Marshall (1880-1959) generale statunitense “architetto” della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale e poi della rinascita dell’Europa nella pace, quale Segretario di Stato dell’Amministrazione Truman.

Pochi premi Nobel per la Pace sono stati meritati come quello conferito nel 1953 a George C. Marshall, che è stato anche l’unico militare di carriera ad esserne insignito.

Il premio gli era stato assegnato il 10 dicembre 1953 «per avere proposto e supervisionato un un Piano per la ripresa Europea», e per l’impegno nel promuovere nel mondo la pace e la comprensione reciproca.

I princìpi etici e politici e gli enormi finanziamenti del “Piano Marshall” tra il 1948 ed il 1952 sono infatti le vere fondamenta della ricostruzione delle economie  nazionali di 18 Stati europei e dello sviluppo del processo comunitario dell’Europa democratica moderna, che sarebbe altrimenti sprofondata in un caos economico e politico devastante.

Il debito di riconoscenza che tutti noi europei abbiamo verso gli USA e verso il George C. Marshall è immenso, ed è sempre attuale perché gli effetti positivi di quegli aiuti donati in un periodo di estrema difficoltà hanno continuato a moltiplicarsi nel tempo. 

E Trieste, quale 18° Stato del Piano Marshall, ha verso gli Stati Uniti d’America motivi particolari di riconoscenza per il passato e di fiducia per il futuro.

Ma nella gran parte dell’opinione pubblica europea la consapevolezza di questo debito di riconoscenza è stata ostacolata o cancellata per decenni dalle propagande di fazioni politiche che erano e sono ostili agli USA per motivi nazionalistici od ideologici.

Ed il problema non è soltanto storico e morale, perché quelle propagande antiamericane fondate sulla disinformazione continuano ad incrinare gli equilibri politici e strategici euroatlantici su problemi gravi ed attuali.

Nel 70° anniversario del conferimento del Premio Nobel per la Pace a George C. Marshall, ci è sembrato perciò doveroso offrire ai nostri lettori le informazioni principali che sono necessarie per ripristinare una corretta memoria del suo operato e di quello degli USA per l’Europa di oggi.

Generale vittorioso e Segretario di Stato 

George Catlett Marshall Jr. nasce nel 1880 ad Uniontown (Pennsylvania). Nel 1902, dopo essersi diplomato al Virginia Military Institute, entra nell’Esercito degli Stati Uniti, che servirà come ufficiale nella Guerra Filippino-Americana, nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, nella Guerra civile cinese e nella Guerra di Corea.

Dal 1939, con il grado di generale, diviene Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, e principale consigliere militare del Presidente Roosevelt durante la seconda guerra mondiale. In questi ruoli riorganizza l’Esercito ed influenza le operazioni su tutti i fronti, con capacità e efficienza tali che il Presidente Truman lo definirà “architetto della vittoria”.

Nel 1947 il Presidente Truman gli affida il ruolo di Segretario di Stato, che Marshall svolgerà sino al 1949, divenendo l’architetto della pace, in una visione etica e politica che supera anche la nuova frattura ideologica, politica e militare del mondo in due blocchi, occidentale e sovietico, nell’intento di evitare che si ripetano in Europa le disastrose destabilizzazioni politiche e sociali seguite alla prima guerra mondiale.

Il discorso di Harvard del 5 giugno 1947.

Il 5 giugno 1947 con uno storico discorso all’Università di Harvard, George C. Marshall invita ufficialmente tutti i Paesi d’Europa, vincitori e vinti, inclusi quelli del blocco sovietico, a concordare un programma di ricostruzione economica con gli Stati Uniti, che lo avrebbero finanziato.

Marshall enunciò con coraggiosa chiarezza i principi umanitari universali di quest’offerta di aiuto senza discriminazioni: «La nostra politica non è diretta contro alcun Paese o ideologia, ma contro la fame, la povertà, la disperazione ed il caos».

Ma dopo i primi contatti l’Unione Sovietica, che durante la guerra aveva ricevuto dagli USA aiuti economici consistenti, rifiutò quest’offerta di pace, impedendo anche ai paesi suoi satelliti di accettarla.

L’invito venne invece accolto da 18 Stati europei, in ordine alfabetico: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania occidentale, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Svezia, Svizzera, Trieste, Turchia.

I 18 Stati del Piano Marshall: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania occidentale, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Svezia, Svizzera, Trieste, Turchia.

Entità, struttura ed estensione del Piano Marshall.

L’European Recovery Program – ERP venne annunciato ufficialmente dal Presidente Harry S. Truman il 3 aprile 1948. Il 16 aprile i Paesi partecipanti sottoscrissero i concomitanti accordi istitutivi della Organisation for European Economic Cooperation – OEEC (l’attuale OECD), alla quale Trieste e la Germania occidentale aderirono il 16 ottobre.

Per gli aiuti del piano Marshall all’Europa occidentale ed alla Turchia gli Stati Uniti hanno speso dal 1948 al 1952 oltre 13 miliardi di dollari di denaro pubblico (32 dollari l’anno per ogni cittadino americano), impiegati per l’86% nella fornitura gratuita di merci e servizi  e per il rimanente 14% in prestiti a condizioni di estremo favore. La cifra complessiva equivale ad oltre 170 miliardi di dollari attuali (2023).

Il Governo di ogni Stato europeo beneficiario doveva versare il valore delle merci fornite gratuitamente dagli Stati Uniti in un apposito fondo di contropartita (counterpart fund) costituito nella propria moneta nazionale per finanziare la riprese e lo sviluppo economico del Paese.

I prestiti erano invece concessi in dollari USA, dovevano essere ripagati in rate annuali ad interesse del 2.5% ed il periodo per ripagarli, che iniziava dal secondo semestre del 1956, dopo la conclusione dell’ERP, era di 35 anni. Nei contratti con i singoli Paesi era inoltre inserita una clausola derogatoria (waiver clause) per consentire il differimento ulteriore dei pagamenti in situazioni economiche eccezionali.

Gli Stati Uniti gestivano il piano Marshall tramite la Economic Cooperation Administration – E.C.A., che erogava le forniture gratuite direttamente, con fondi messi a disposizione dal Congresso, e concedeva i prestiti tramite l’Import-Export Bank di Washington quale agente del Governo.

Nel 1950 gli aiuti dell’E.C.A. vennero estesi anche alla Jugoslavia, che dal 1948 era uscita dal blocco sovietico appoggiandosi agli USA con lo Yugoslav Emergency Relief Assistance Act del dicembre 1950 ed alla NATO con i Trattati di cooperazione e di alleanza militare fra Jugoslavia, Grecia e Turchia del 1953 e del 1954. La Jugoslavia ricevette perciò dagli USA aiuti economici e militari anche nei decenni successivi.

I tre strumenti fondamentali per la pace.

Il giorno dopo il conferimento del Premio Nobel per la Pace George C. Marshall tenne la sua “Nobel Lecture” all’Università di Oslo, proponendo la sua visione degli strumenti necessari per creare e mantenere la pace.

Settant’anni dopo, quel suo discorso dell’11 dicembre 1953, che venne diffuso sotto il titolo non ufficiale di “Elementi di Pace” (Essentials for Peace), rimane straordinariamente attuale per l’analisi e la risoluzione di tutte le tensioni ed i conflitti internazionali successivi e di quelli attuali, dal Medio Oriente all’Ucraina, al continente africano, all’Asia orientale ed al Pacifico.

A fronte di quelle che erano allora le tensioni crescenti della “guerra fredda”, in piena corsa agli armamenti convenzionali e nucleari (l’URSS aveva appena annunciato la propria bomba all’idrogeno), il Generale Marshall critica apertamente il militarismo e la convinzione che la semplice deterrenza sia sufficiente a mantenere la pace.

Marshall contrappone perciò alla strategìa del confronto militare quella di «una rigenerazione spirituale per sviluppare buona volontà, fiducia e comprensione reciproca tra le nazioni», fondata su tre strumenti essenziali.

Il primo strumento essenziale è l’istruzione scolastica, che deve concentrare l’insegnamento sui fattori scatenanti delle guerre e non su pregiudizi. E quale pregiudizio è più grande di quelli nazionalistici?  

Marshall cita come esempio negativo negli stessi USA la guerra civile americana (1861-1865), ricostruita in maniera diametralmente opposta nei libri del Nord ed in quelli del Sud.

Ed in una società democratica, nella quale la politica dello Stato dipende direttamente dalle decisioni dei singoli cittadini, il tipo di formazione che questi ricevono è determinante.

La soluzione proposta da Marshall per superare il pregiudizio nazionale è uno studio oggettivo dei fatti, che egli definisce come “più scientifico”.

Il secondo strumento essenziale per la pace indicato da Marshall è quello delle  “attitudini nazionali” degli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti sono infatti geograficamente distanti dalle regioni del mondo tormentate dalla guerra, ma il popolo americano è formato per una gran parte da persone provenienti da quelle regioni, dove molti di loro venivano oppressi e perseguitati.

È questo il motivo per cui il popolo americano, anche se non era investito direttamente dagli orrori e dalle distruzioni della seconda guerra mondiale, è intervenuto a difendere in armi la libertà dell’Europa, e ad assisterla materialmente subito dopo il conflitto.

Secondo Marshall quegli stessi caratteri particolari del popolo americano impongono agli Stati Uniti di servire dovunque la causa della pace, facendosi  pietra angolare della cooperazione internazionale. Esattamente come sta accadendo oggi con gli “Accordi di Abramo” per la pace nel Medio Oriente (LINK).

Marshall individua poi il terzo strumento essenziale per la creazione ed il mantenimento della pace nell’aiutare i milioni di persone che vivono in condizioni di miseria a realizzare le proprie aspirazioni e costruire una vita migliore, fondata sulle libertà ed i diritti umani.

Marshall afferma che gli Stati in posizione avvantaggiata hanno il dovere di offrire ai popoli più svantaggiati ed oppressi sia il proprio aiuto materiale, sia il sostegno ideale dei valori della democrazia, in opposizione alle insicurezze morali e materiali, alla sfiducia ed all’intolleranza che sono i fattori della guerra.

È necessaria, dichiarava Marshall, «una rigenerazione spirituale che ristabilisca un senso di fiducia tra tutti gli esseri umani».

Concludendo la sua “Nobel lecture”, George C. Marshall precisa che i tre elementi cosi enunciati non sono esaustivi e per essere realizzarti richiedono un impegno costante.

L’impegno a fare del bene, l’impegno ad analizzare e ricercare i fattori che promuovono la pace e quelli che portano alla guerra, ma anche un impegno materiale per sostenere le grandi iniziative economiche e militari sulle quali si fondano gli equilibri mondiali.

E per ottenere questi risultati, come conferma in quest’anno 2023 l’attuale Segretario di Stato USA Antony Blinken, si deve «indicare la strada con la forza del proprio esempio» (leading by the power of our example).

Trieste, 18° Stato del Piano Marshall.

I rapporti speciali diretti fra Trieste e gli Stati Uniti d’America risalgono alla Guerra d’indipendenza americana (1775-1783).

Trieste era dal 1382 città autonoma della Corona d’Austria (LINK) e dal 1719 era divenuta suo florido Porto Franco in rapporti commerciali con tutto il mondo.

La popolazione triestina, già multietnica e di molte fedi, cresce ancor più quando l’imperatore Giuseppe II promulga le Patenti di Tolleranza (1781 – 1785) garantendo la libertà di credo e di culto degli ebrei, dei cristiani non cattolici o riformati (ortodossi, luterani, calvinisti) e dei laici (massoni).

Il conte Charles-Albert de Moré, aiutante di campo di Lafayette, descriveva in una lettere al fratello quella Trieste austriaca come «la Philadelphia d’Europa, la città tipica dei pionieri del nostro vecchio continente, il porto in cui i naufraghi trovano ricetto e una nuova promettente vita», ed i triestini come «veri pionieri […]venuti dai Paesi più diversi per costruirsi una vita differente».

I commercianti triestini, assieme a quelli dei Paesi Bassi Austriaci (l’attuale Belgio) appoggiarono presso il Governo austriaco la causa della Rivoluzione Americana, proponendo anche accordi commerciali per sostenerla.

Nel 1797, su disposizione del Presidente Washington, gli Stati Uniti intensificarono i loro rapporti commerciali, politici e culturali con Trieste aprendovi la loro seconda sede di rappresentanza diplomatica in Europa.

L’intensità dei traffici marittimi con gli USA divenne tale che il 22 febbraio 1841 Trieste festeggiava il President’s Day con la presenza nel porto di 14 navi americane.

Agli inizi del ‘900 il porto di Trieste aveva linee marittime passeggeri con i maggiori porti degli USA, gestite da armatori austriaci, americani e tedeschi, e dalla società “Austro-Americana” che offriva una linea celere settimanale Trieste-New York.

Alla fine della seconda guerra mondiale Trieste venne liberata dalla Forze Alleate il 1° maggio 1945 e dal 12 giugno venne affidata ad un Governo Militare Alleato statunitense-britannico.

Con il loro terzo proclama, emesso il 3 luglio 1945, le nuove autorità statunitensi-britanniche provvidero ad abrogare le leggi razziali antiebraiche del Regno d’Italia.

Il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 tra le Potenze Alleate ed Associate e l’Italia ha costituito Trieste in nuovo Stato sovrano con Porto Franco internazionale, il Free Territory of Trieste, posto sotto la tutela diretta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed affidato ad un Regime Provvisorio di governo.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Pace, dal 15 settembre 1947 il mandato di Governo provvisorio è stato affidato per conto del Consiglio di Sicurezza al Governo militare statunitense-britannico già esistente, che è divenuto così il primo Governo di Stato dell’attuale Free Territory of Trieste.

Trieste è stata perciò immediatamente inclusa tra gli Stati europei membri delle nuove organizzazioni pre-comunitarie ed internazionali (OECE, UEP, CEMT, ICEM, l’Interpol, l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità) e sostenuta dagli USA con il Piano Marshall.

Il Piano Marshall ha destinato a Trieste ed ai triestini sino al 1951 finanziamenti per un totale di 37,5 milioni di dollari (equivalenti a oltre 400 milioni di dollari attuali), pari a 126 dollari pro capite (equivalenti ad oltre 1400 dollari attuali). Trieste è il secondo Stato per aiuti pro capite dopo l’Islanda.

I fondi del Piano Marshall vennero impiegati per lo sviluppo dei cantieri navali, delle industrie, delle ferrovie, del Porto Franco internazionale, del lavoro e dell’assistenza sociale, risollevando la città e la sua economia devastate dalla guerra.

Trieste non si è tuttavia limitata a ricevere assistenza: con il suo nuovo Porto Franco internazionale ha contribuito attivamente alla ricostruzione del suo entroterra mitteleuropeo.

Nel 1950 il Porto Franco internazionale del Free Territory of Trieste ha accolto la 4 milionesima tonnellata di aiuti ERP diretti in Austria (LINK), dove veniva inviato anche il petrolio greggio lavorato nelle raffinerie triestine.

Nel 1954 i Governi amministratori primari statunitense e britannico hanno ritirato le loro forze militari sub-affidando al Governo (non allo Stato) italiano l’amministrazione civile provvisoria di Trieste e la sua difesa militare alla NATO.

Il sub-mandato di amministrazione civile conferito al Governo italiano include la corretta gestione del Porto Franco internazionale di Trieste, al servizio delle navi e delle merci di tutti gli Stati, senza discriminazioni.

Il sub-mandato di difesa militare conferito alla NATO include il rispetto della neutralità e smilitarizzazione dell’attuale Free Territory of Trieste.

A tutt’oggi (2023) il Governo italiano e la NATO continuano ad esercitare i rispettivi sub-mandati, della cui corretta esecuzione sono responsabili verso la popolazione dello Stato sub-amministrato, verso gli amministratore primari, USA e Regno Unito e, per quanto riguarda il Porto Franco internazionale, verso tutti gli Stati della Comunità internazionale.

I Governi di Stati Uniti e Regno Unito rimangono perciò responsabili verso Trieste, verso tutti gli altri Stati e verso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite della corretta gestione dei sub-mandati che hanno affidato al Governo italiano ed alla NATO.

Queste responsabilità di vigilanza riguardano in particolare il fatto che gli organi dell’amministrazione civile provvisoria del Governo italiano vìolano il sub-mandato e gli obblighi internazionali relativi simulando che lo Stato amministrato non esista e che Trieste ed il suo porto appartengano allo Stato italiano.

Su tale materia è in corso, come noto, un complesso contenzioso legale azionato nei confronti del Governo italiano dalla International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste (LINK) che agisce a questo scopo quale soggetto di diritto internazionale.

Ma rimane evidente che i princìpi enunciati da George C. Marshall nel 1953 dovrebbero trovare applicazione anche nella risoluzione di questo contenzioso attraverso la legittima e doverosa vigilanza attiva degli Stati Uniti d’America sulla conduzione del sub-mandato di amministrazione civile provvisoria del 18° Stato europeo del Piano Marshall e sulla gestione del suo strategico Porto Franco internazionale.

Ed è in questo senso che Trieste, 18° Stato europeo del Piano Piano Marshall, ha verso gli Stati Uniti d’America motivi particolari sia di riconoscenza per il passato, sia di fiducia per il futuro.

Dal maggio 1964 il Premio Nobel per la Pace del Generale Marshall è stato prestato dalla famiglia alla George C. Marshall Foundation. La Fondazione Marshall espone permanentemente il premio nella sua sede di Lexington, Virginia.

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