Il Corriere di Trieste

Trieste: denunciata la truffa del Centro Congressi nel “porto vecchio”

Trieste: denunciata la truffa del Centro Congressi nel “porto vecchio”

Coinvolti Sindaco, funzionari comunali e Autorità Portuale

Trieste: denunciata la truffa del Centro Congressi nel “porto vecchio”

Analisi di Paolo G. Parovel

Trieste, 20 gennaio 2020 – I vertici del Comune di Trieste (Sindaco, Segretario Generale, direttore dei Lavori Pubblici) ed il Presidente dell’Autorità Portuale sono stati denunciati alla Procura per reati di falsità in atti pubblici commessa da pubblici ufficiali e finalizzata alla truffa a danno di due enti pubblici, il Comune ed il Porto Franco internazionale di Trieste, per decine di milioni di euro. Sono reati procedibili d’ufficio e la denuncia è indirizzata per conoscenza anche al Commissario del Governo ed al Questore.

Il testo della denuncia penale, depositata il 25 ottobre 2019, è divenuto accessibile perché incluso tra le prove documentali dei fatti nella causa civile n. 5209/19 azionata il 6 dicembre dalla International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste – I.P.R. F.T.T. per l’accertamento di violazioni di legge nell’attuale gestione italiana dell’intero Porto Franco internazionale di Trieste, che includono le attività del Comune (LINK).

Le accuse

L’accusa per reati di falso (art. 479 c.p.) riguarda la simulazione in atti pubblici che il Comune abbia la libera disponibilità di aree ed immobili del Porto Franco Nord (detto anche “porto vecchio”), che gli sono invece assegnati dal comma 619 dell’art. 1 della Legge 190/2014 con il mandato esclusivo di venderli versando il ricavato all’Autorità Portuale per finanziare nuove infrastrutture del Porto Franco.

L’accusa di truffa a danno di enti pubblici (art. 649 c.p.) riguarda invece il fatto che l’Amministrazione comunale utilizza tale simulazione per compiere su quei beni pubblici atti di disposizione in proprio e verso terzi per decine di milioni di euro, che in questo modo vengono sottratti ai bilanci del Comune e dell’Autorità Portuale illegalmente, e perciò in danno erariale.

Per quanto riguarda l’Amministrazione comunale, la denuncia riguarda il Sindaco Roberto Dipiazza, il Segretario Direttore Generale e Responsabile Anticorruzione, Santi Terranova, ed il Direttore del Dipartimento Lavori Pubblici, Finanze di Progetto e Partenariato, Enrico Conte.

La denuncia accusa inoltre di corresponsabilità il Presidente dell’Autorità Portuale, Zeno D’Agostino, perché avendo l’obbligo giuridico di impedire quei reati a danno del Porto Franco internazionale non li ha impediti (art. 40 secondo comma c.p.), ma avallati.

I quattro pubblici ufficiali denunciati potrebbero venire perciò chiamati a rispondere non solo dei danni recati ai rispettivi enti amministrati, ma anche dei danni causati a terzi di buona fede (altri enti, professionisti, imprese) che l’Amministrazione comunale ha coinvolto nelle sue attività illegali sui beni del Porto Franco Nord.

La rilevanza penale dei fatti e le responsabilità

Le violazioni di legge in materia si sono estese dalle responsabilità civili, erariali ed amministrative a quelle penali il 24 luglio 2019, quando è stato iscritto sul pubblico Libro Fondiario sub GN 7221/19 un contratto notarile con cui il Comune di Trieste costituisce a favore di una società privata, la “Trieste Convention Center s.p.a.” diritti di superficie su alcuni degli immobili vincolati del Porto Franco Nord.

Quel contratto notarile, che è un atto pubblico destinato a provare la verità, risulta invece fondato su dichiarazioni false con le quali l’Amministrazione comunale rappresentata dal funzionario Enrico Conte, delegato dal Sindaco Dipiazza, ha simulato di avere la libera disponibilità di quegli immobili.

Come si può infatti constatare alle pagine 1, 8 e 9 del contratto, che pubblichiamo qui con le dichiarazioni false evidenziate in giallo (LINK), il rappresentante del Sindaco ha dichiarato falsamente che il Comune ha la piena e libera disponibilità degli immobili avendola ottenuta in esecuzione dei commi 618 e 619 dell’art. 1 della Legge 190/2014.

L’atto rileva che sui beni pende invece la domanda tavolare presentata dalla International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste – I.P.R. F.T.T. per l’annotazione sul Libro Fondiario del fatto giuridico che il comma 619 trasferisce quei beni al Comune col mandato esclusivo di venderli versando il ricavato all’Autorità Portuale.

Il rappresentante del Comune dichiara però falsamente che la costituzione del diritto di superficie oggetto del contratto è conforme alle disposizioni del comma 619, ed il notaio procede con la stipula dell’atto senza verificare la veridicità della dichiarazione.

Il Centro Congressi illegale da 64,3 milioni di euro

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Il contratto fondato su quelle false dichiarazioni riguarda la costruzione e la gestione privata in concessione comunale per 20 anni di un Centro Congressi del valore stimato complessivo di 64,3 milioni di euro con opere edili per 11,7 milioni di euro, dei quali 4,5 milioni a peso del patrimonio del Comune, che ne ricaverebbe un canone annuo nominale di soli 80.000 euro dei quali appena 5.000 (cinquemila) in denaro.

La concessione e l’appalto sono stati organizzati in aperta violazione del comma 619 dell’art. 1 legge 190/2014, e la parte pubblica e privata hanno reagito a tutte le conseguenti diffide ed opposizioni legali accelerando l’apertura del cantiere e la stipula dei contratti di concessione con dichiarazioni false per tentare di imporre sulla legalità il fatto compiuto.

Appare tuttavìa credibile che i soggetti pubblici e privati coinvolti nell’operazione illecita abbiano agito in buona fede, ritenendo impossibile che il Sindaco, il Segretario Generale ed il Direttore del Dipartimento Lavori Pubblici del Comune potessero violare apertamente la legge con l’avallo del Presidente dell’Autorità Portuale.

È davvero difficile credere che nella “mitteleuropea” Trieste una consociazione di amministratori e funzionari pubblici possa violare apertamente ed impunemente la legge con operazioni che non risulterebbero possibili nemmeno nei Comuni che vengono commissariati per mafia.

E sembra impossibile che a Trieste nessuno tranne noi abbia il coraggio e la tenacia di denunciarle. Perché qui gli illeciti sono provati dalla legge stessa e da atti pubblici che riguardano non solo questo caso, ma anche tutta una serie di casi precedenti che le nostre inchieste giornalistiche documentano e denunciano da anni.

Il pretesto dell’ESOF 2020

Per l’operazione edilizia illegale del Centro Congressi l’Amministrazione comunale del Sindaco Dipiazza ha infatti replicato il bluff del 2002-2004 con cui tentò di forzare contro legge l’urbanizzazione del Porto Franco Nord offrendolo per l’Expo 2008 senza averne la disponibilità legale e coinvolgendo professionisti ed imprese (LINK).

Questa volta l’Amministrazione comunale Dipiazza ha tentato con un’apposita società di professionisti ed imprese di imporre contro legge nel Porto Franco Nord la costruzione e concessione del nuovo Centro Congressi col pretesto della candidatura di Trieste ad ospitare l’EuroScience Open Forum (ESOF) 2020.

L’affidamento dell’opera a quella società è stato inoltre precostituito con la procedura privilegiata della “finanza di progetto”, che assegna al soggetto proponente anche il diritto di prelazione nella gara d’appalto, scoraggiando la partecipazione di concorrenti. Com’è infatti avvenuto.

La pretestuosità dell’operazione è resa evidente dal fatto che il Comitato Scientifico per la candidatura di Trieste all’ESOF 2020, con un budget previsto di 4,6 milioni di euro, chiedeva soltanto l’utilizzo di alcune tensostrutture provvisorie per cinque giornate estive, dal 5 al 9 luglio 2020 davanti alla storica Centrale idrodinamica del Porto Franco Nord.

L’Amministrazione comunale Dipiazza ha invece sfruttato la credibilità istituzionale del Comune per “offrire” un nuovo Centro Congressi da 64.3 milioni di euro simulando di avere la libera disponibilità dell’area, con l’avallo dell’Autorità Portuale che avrebbe dovuto smentirla.

Il Comitato Scientifico triestino ha inserito perciò senza verifiche l’offerta del Sindaco nel dossier di candidatura presentato al Governing Board di EuroScience, a Strasburgo, che non poteva accorgersi della simulazione ed ha assegnato l’ESOF 2020 a Trieste per la presenza ed il livello delle sue istituzioni scientifiche.

L’Amministrazione Dipiazza ha sfruttato la candidatura ed il suo successo per simulare che l’operazione edilizia fosse davvero necessaria per la realizzazione dell’ESOF a Trieste, ed ha utilizzato questo falso argomento per coinvolgere nell’operazione il Consiglio comunale ed il maggior numero possibile di altri enti pubblici, professionisti ed imprese.

Con questa doppia simulazione, di disponibilità delle aree e di necessità dell’opera, l’Amministrazione Dipiazza ha ottenuto una massa crescente di consensi, coinvolgimenti ed appoggi, e li ha utilizzati per simulare infondate le opposizioni legali, e convincere le imprese ad aprire egualmente il cantiere con la demolizione dei magazzini portuali preesistenti.

Ma a questo punto le banche hanno bloccato i finanziamenti per il fatto concreto che sul trasferimento dei beni al Comune e sulla sua simulazione di libera disponibilità pendevano avanti il Tribunale di Trieste i reclami tavolari solidamente fondati e documentati della I.P.R. F.T.T.

Le imprese hanno quindi sospeso i lavori, ma l’Amministrazione Dipiazza ha reagito dichiarando che i giudici avrebbero respinto i reclami tavolari ed era perciò decisa a perfezionare subito gli atti di concessione per far proseguire i lavori.

Tutti e tre i fatti si sono avverati, ma con esiti molto differenti da quelli che i protagonisti prevedevano.

I giudici hanno infatti respinto i reclami tavolari, ma con violazioni di legge che hanno consentito alla I.P.R. F.T.T. di rinnovarli previa denuncia agli organi superiori di controllo.

I nuovi reclami tavolari tuttora pendenti sono pubblici perché iscritti e consultabili sul Libro Fondiario di Trieste sub GN 8189/19, GN 8190/19 e GN 8878/19.

Nel frattempo l’Amministrazione Dipiazza ha utilizzato il rigetto arbitrario dei reclami precedenti per convincere le imprese a riprendere i lavori e sottoscrivere gli atti di concessione, ottenendo di sostituire i finanziamenti bancari mancanti con un finanziamento pubblico di 4,5 milioni del FRIE, fondo di rotazione per il Territorio di Trieste e per la Provincia di Gorizia, gestito dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

Ma il finanziamento pubblico del FRIE risulta incompatibile con l’operazione concessoria precostituita, e gli atti di concessione sono risultati fondati sulle dichiarazioni false che hanno portato alla denuncia penale nei confronti del Sindaco, dei due alti funzionari comunali e del Presidente dell’Autorità Portuale.

Alla denuncia penale ed ai reclami tavolari si è aggiunta la causa civile n. 5209/19 azionata dalla stessa I.P.R. F.T.T. con la conseguente annotazione tavolare della pendenza di lite, che riguarda anche la proprietà di quei beni portuali e la simulazione di libera disponibilità compiuta dal Comune con il consenso dell’Autorità Portuale.

Ci sono dunque tutti gli elementi per l’intervento doveroso e tempestivo sia della giustizia penale e contabile per impedire la continuazione degli illeciti e l’aggravamento dei danni all’erario ed ai privati coinvolti, sia delle autorità di Governo per il commissariamento sia del Comune (come accade altrove per molto meno) che dell’Autorità Portuale.

A questo punto è divenuto inoltre evidente che le conseguenze di questa situazione ormai insostenibile rischiano di travolgere anche gli enti, le imprese e professionisti che si sono lasciati coinvolgere nell’operazione illegale fidandosi delle dichiarazioni dell’Amministrazione comunale Dipiazza.

Quegli enti, imprese e professionisti dovrebbero perciò dimostrarsi ora in grado di provare la propria buona fede per poter almeno chiedere all’Amministrazione comunale il risarcimento delle spese da loro sostenute in proprio, che ammontano già a milioni di euro.

Non ci dovrebbero essere invece problemi per la realizzazione dell’ESOF a Trieste, poiché il Comitato scientifico organizzatore ha già provveduto da tempo a non condizionare lo svolgimento della manifestazione scientifica alla realizzazione del Centro Congressi contestato.

Silenzi mediatici e coperture giudiziarie

Di tutto questo l’opinione pubblica ha saputo sinora poco o nulla, perché l’intera sequenza di illeciti si è svolta sotto il silenzio dei media e le violazioni di legge e delle responsabilità di quei pubblici amministratori sono state coperte da alcuni magistrati locali.

Il silenzio dei media non è un’iniziativa dei nostri colleghi giornalisti. Viene imposto da poteri politici che condizionano i finanziamenti pubblici e privati ai giornali ed alle televisioni che ne devono dipendere.

Per quanto riguarda le coperture giudiziarie, a Trieste risultano essere causate dall’attività di una rete di potere trasversale che influisce sulle istituzioni pubbliche locali. La sua esistenza emerge con evidenza dall’analisi delle impunità abnormi che sono state sinora garantite ai responsabili degli illeciti in esame e dell’intera, colossale operazione speculativa illegale sul Porto Franco Nord, vanificando anche l’operato di ottimi magistrati.

La struttura di questa rete trasversale di interferenza con le istituzioni pubbliche è analoga a quelle previste e punite dalla Legge 17/1982, ma identificarla per pregiudizi con organizzazioni pseudo-massoniche o con una singola lobby politica è un errore di analisi madornale.

In questo caso la rete è una consociazione trasversale di soggetti locali formata a Trieste negli anni ’50 col pretesto politico di difendere gli interessi dell’Italia ma tenuta assieme ormai soltanto da interessi personali, convenienze sociali, ricatti reciproci e protezioni garantite da alcuni ambienti dei servizi segreti italiani per motivi ormai cessati da decenni.

La vecchia consociazione “patriottica” si è trasformata così definitivamente in una rete locale di corruzione che a Trieste condiziona le istituzioni creando e parassitando una situazione di degrado economico e politico che favorisce crescenti infiltrazioni di mafia (LINK).

Alle interferenze giudiziarie di questa rete di corruzione locale vengono attribuite sia alcune sentenze ed altre decisioni abnormi, sia le sorprendenti protezioni di alcuni magistrati sotto indagini disciplinari sia pesanti attacchi politici al rigore doveroso dell’attuale Procuratore Carlo Mastelloni (LINK).

I casi precedenti da riaprire

La denuncia della truffa del Centro Congressi chiede perciò anche la riapertura delle indagini su due categorie di casi precedenti che risultano connessi in continuità di reati per analogia dei fatti e/o per identità dei responsabili.

La prima categoria riguarda denunce perfettamente documentate dell’intera operazione illecita sul Porto Franco Nord che vennero depositate regolarmente nel 2014 e 2015, ma risultano scomparse in Tribunale senza venire consegnate al Procuratore Mastelloni. Ed in questo modo venne garantito sin da allora il compimento indisturbato degli illeciti.

La copia di una delle denunce scomparse e di una sua integrazione venne inviata a Trieste dopo 22 mesi dal Presidente dell’Agenzia Nazionale Anticorruzione, ma un Sostituto Procuratore ne chiese ed ottenne da un GIP l’immediata archiviazione senza indagini e con motivazioni scandalosamente contrarie al vero.

Le denunce così insabbiate documentavano anche due particolari comportamenti illeciti dell’Amministrazione comunale Dipiazza: la costosa candidatura ingannevole all’Expo 2008 senza avere la disponibilità dell’area, e la turbativa di una gara di concessione (art. 353 c.p.) dello stesso Porto Franco Nord.

Nell’ottobre 2008 infatti il Sindaco Dipiazza aveva minacciato sui media di bloccare gli accessi stradali del Porto Franco Nord se la gara fosse stata vinta dal progetto di legittimo rilancio portuale presentato dagli operatori specializzati.

La concessione fu poi assegnata, con rilevanti irregolarità, al progetto di urbanizzazione illegittima presentato dalla “Portocittà s.r.l.” amministrata da Enrico Maltauro, lo stesso poi arrestato per le tangenti dell’Expo di Milano del 2015.

La seconda categoria di casi precedenti riguarda invece un illecito ancor più abnorme commesso sotto copertura giudiziaria totale dal Sindaco Dipiazza con gli stessi amministratori e funzionari comunali Terranova e Conte.

Tra il 2002 ed il 2007 essi avevano infatti organizzato e compiuto impunemente la compravendita di un terreno tra il Comune ed il Sindaco in aperta violazione del divieto speciale di comperare che è stabilito dall’art. 1471 del Codice civile. Non era mai avvenuto prima, nemmeno nei Comuni controllati dalle mafie.

Ma a Trieste anche il Giudice tavolare, Arturo Picciotto, invece di respingere la domanda d’iscrizione sul Libro Fondiario della compravendita palesemente illecita la eseguì immediatamente, consentendo così al Sindaco di rivendere il terreno accorpato con altri in parte ad un cartello di costruttori rappresentato da un suo assessore, e per il resto alla moglie del suo vicesindaco.

Molto più tardi, nel febbraio 2013, il Sostituto Procurato incaricato delle indagini penali, Federico Frezza, ne chiese ed ottenne l’archiviazione benché i documenti acquisiti provassero che la compravendita illecita era stata personalmente organizzata e compiuta dallo stesso Sindaco Dipiazza d’intesa con il Segretario Generale Terranova e, secondo le intercettazioni depositate dalla Guardia di Finanza, con il funzionario comunale Enrico Conte, all’epoca Direttore del Servizio Demanio e Valorizzazione del Patrimonio Immobiliare.

Dopo quell’archiviazione penale già abnorme, nel novembre 2013 il giudice civile, Sergio Carnimeo, decise di annullare ormai tardivamente la compravendita riconoscendola illecita, ma con la stessa sentenza punì paradossalmente l’editore ed il direttore del settimanale che aveva denunciato l’illecito, condannandoli a risarcire con 40mila euro il Sindaco “danneggiato”.

Nello stesso periodo 2013-2014, inoltre, tre magistrati amministrativi e lo stesso sostituto Procuratore Federico Frezza hanno tentato di negare l’esistenza giuridica dei vincoli di legge sul Porto Franco Nord e di accusare di crimini di eversione chi lo difende.

I danni erariali causati dalle attività illegali dell’Amministrazione Dipiazza sui beni del Porto Franco Nord sono stati ripetutamente segnalati sinora senza esito anche alla Procura della magistratura contabile, che risulta affidata alla moglie di uno dei funzionari comunali coinvolti, Enrico Conte.

In sostanza, vi sono le prove che a Trieste la colossale speculazione immobiliare illecita sul Porto Franco Nord del Porto Franco internazionale è stata resa sinora possibile da oltre 15 anni di protezioni giudiziarie locali a tutti i livelli (penale, civile, amministrativo, erariale) che consistono nel non punire chi commette i reati, ma chi li denuncia.

E questo può avvenire soltanto dove l’amministrazione della giustizia subisce le interferenze di un sistema di corruzione che riesce a condizionarla isolando i magistrati migliori.

Il fatto nuovo

Tutti i fatti sin qui descritti (e molti altri connessi) sono documentati, la loro gravità è evidente e le nostre inchieste giornalistiche li hanno denunciati invano per anni. Ma c’è anche un fatto nuovo.

Il fatto nuovo è che nelle strategìe euro-atlantiche la piena attivazione del Porto Franco internazionale del Free Territory of Trieste è divenuta rilevante per lo sviluppo economico equilibrato dei Paesi tra il Baltico all’Adriatico ed al Mar Nero associati nella Three Seas Initiative sostenuta dagli USA.

Gli USA sono inoltre, assieme assieme al Regno Unito, gli amministratori primari dell’attuale Free Territory of Trieste che hanno sub-affidato all’amministrazione civile provvisoria del Governo italiano ed alla difesa militare della NATO (LINK).

E tutto questo significa anche, tra molte altre cose, che il piccolo potere del sistema di corruzione locale cresciuto nel lungo isolamento della città e del Porto Franco di Trieste dai grandi flussi strategici internazionali ha ormai i giorni contati.

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