Il Corriere di Trieste

Porto Franco internazionale di Trieste: le “sentenze di fuga” dei giudici italiani

Porto Franco internazionale di Trieste: le “sentenze di fuga” dei giudici italiani

Trieste, 16 giugno 2023. – La battaglia legale della International Provisional Representative of the Free Territory of Trieste – I.P.R. F.T.T. contro le violazioni dei diritti fiscali di Trieste e dei diritti di tutti gli Stati e delle loro imprese sul suo Porto Franco internazionale continua a provocare la fuga dei giudici italiani dall’obbligo costituzionale di accertare ed applicare le leggi italiane vigenti che riconoscono quei diritti.

La via di fuga di tutti i giudici italiani ai quali viene chiesto di adempiere a quell’obbligo giuridico consiste nel rifiutarsi di eseguirlo con sentenze in cui dichiarano falsamente che nessun giudice italiano ha giurisdizione sulla materia.

La verità è che nessun giudice italiano ha avuto sinora il coraggio di applicare le leggi su questa materia perché dovrebbe opporsi a forti pressioni illegali contrarie di politici e di speculatori che sono capaci di colpire con ritorsioni anche i magistrati che li combattono.

La conseguenza delle “sentenze di fuga” di quei giudici italiani è uno scandaloso rifiuto di giustizia su violazione di diritti stabiliti dalla legge e di obblighi internazionali della Repubblica Italiana.

Due atti nuovi.

Alla serie di queste “sentenze di fuga” si sono aggiunti ora due atti nuovi rilevanti, ai quali la I.P.R. F.T.T. è già pronta a reagire con tutti gli strumenti previsti dallo stesso diritto italiano e dal diritto  internazionale.

Uno dei due atti nuovi riguarda la causa civile n. 5209/2019 azionata davanti al Tribunale di Trieste contro gravissime violazioni del regime di Porto Franco internazionale e contro accordi illegali tra l’Autorità Portuale e imprese di Stato della Repubblica Popolare Cinese (LINK).

Le violazioni erano e sono evidenti e perfettamente documentate, così come l’urgenza dei provvedimenti necessari per interromperle.

La Sezione Civile del Tribunale di Trieste ha invece trascinato la causa per quasi quattro anni, con quattro cambi di giudici, ed ha lasciato proseguire le violazioni di legge rifiutando di emettere i provvedimenti d’urgenza.

Ed ora il quarto giudice ha emesso una sentenza con cui rifiuta di esaminare la causa dichiarando difetto assoluto di giurisdizione.

Con questi comportamenti, e con decisioni tavolari parallele, la Sezione Civile del Tribunale di Trieste ha consentito anche la prosecuzione indisturbata dei  gravissimi illeciti commessi dall’Amministrazione comunale del sindaco Dipiazza sui beni pubblici del cosiddetto “Porto vecchio” (LINK).

La sentenza verrà perciò impugnata immediatamente davanti alla Corte d’Appello di Trieste. Pubblicheremo il ricorso per far comprendere esattamente la gravità del caso e l’ampiezza delle sue implicazioni anche a livello internazionale.

Per emettere quella sentenza il giudice ha atteso inoltre che la Corte di Cassazione italiana decidesse sulla revocazione per errori di fatto della sentenza con cui le Sezioni Unite avevano dichiarato difetto assoluto di giurisdizione nella causa sui diritti fiscali di Trieste (LINK).

Il ricorso per revocazione era perfettamente fondato, ma la Cassazione si è liberata del problema con un’ordinanza che riconosce gli errori della sentenza impugnata ma afferma, contrariamente al vero, che non sono errori di fatto, bensì errori di giudizio ed errori in diritto. Per i quali la legge italiana non prevede revocazione.

Poiché quest’ordinanza non è stata pubblicata, ne offriamo noi ai lettori il testo integrale (LINK).

Quest’ultima decisione negativa della Cassazione italiana fornisce in realtà la prova definitiva del diniego di giustizia da parte della magistratura italiana.

E questo consente ora alla I.P.R. F.T.T. di attivare sia le Corti internazionali e comunitarie europee competenti, sia le procedure speciali di arbitrato previste dal vigente Trattato di Pace con l’Italia del 1947.

Il rifiuto dei giudici italiani di riconoscere ed applicare le leggi dello stesso ordinamento italiano che riconoscono lo status giuridico di Trieste e del suo Porto Franco internazionale concreta infatti, contemporaneamente, violazione dell’ordinamento comunitario europeo, dell’ordinamento internazionale e di diritti di porto franco, fiscali e commerciali di tutti gli Stati e delle loro imprese (alle quali la I.P.R. F.T.T. può offrire tutte le consulenze necessarie  per affermare i loro diritti).

Un “sistema” di corruzione delle istituzioni.

 

Queste “sentenze di fuga” dei giudici dalla legge che si stanno ripetendo identiche e coordinate in tutti i gradi di giudizio dell’ordinamento italiano, dalle corti locali alle Sezioni Unite della Cassazione hanno fornito anche le prove definitive di una grave minaccia eversiva dell’ordine pubblico e dell’assetto costituzionale democratico della Repubblica Italiana.

Sono le prove del fatto che il rifiuto sistematico di applicare leggi italiane in materia non è una scelta autonoma dei giudici coinvolti, ma di pesanti interferenze politiche illegali ed eversive sull’indipendenza della magistratura, sul rispetto della legge e degli obblighi internazionali dello Stato.

Cioè su due pilastri fondamentali dell’ordinamento costituzionale della Repubblica Italiana quale Stato di diritto.

È il genere di interferenze che segnala l’attività di un “sistema” di corruzione delle istituzioni democratiche, e l’estensione della sua efficienza operativa dal distretto giudiziario di Trieste sino alla Corte di Cassazione in Roma, segnale che si tratta di un “sistema” dotato di ramificazioni e coperture sino a livello nazionale.

La prova più evidente è il testo stesso dei provvedimenti legislativi italiani vigenti che quei giudici rifiutano persino di esaminare per sottrarsi all’obbligo di applicarle.

Chiunque può infatti constatare che sono i provvedimenti con cui il Parlamento italiano ed il Governo italiano riconoscono dal 1947 ad oggi sia i diritti di Trieste, sia i diritti di tutti gli Stati e delle loro imprese sul suo Porto Franco internazionale (LINK).

Un’altra prova evidente sta nel fatto che quelle sentenze pronunciate in nome della Repubblica Italiana, oltre a rifiutare l’esecuzione delle sue leggi contraddicono anche sé stesse per produrre arbitrariamente effetti politici ingannevoli e misure di repressione economica dell’esercizio di diritti fondamentali.

La dichiarazione di difetto assoluto di giurisdizione imporrebbe infatti al giudice sia di non pronunciarsi nel merito della causa, sia di compensare tra le parti le spese di causa (ogni parte paga solo le proprie, poiché non vi è stato giudizio di merito).

Nelle sentenze qui esaminate i giudici attribuiscono invece tutte le spese alla I.P.R. F.T.T. ed aggiungono surrettiziamente alla dichiarazione di difetto assoluto di giurisdizione l’affermazione falsa che i diritti di Trieste e del suo Porto Franco internazionale costituiti dal Trattato di Pace con l’Italia del 1947 non esistono e non sono mai esistiti”.

È un’affermazione che oltre ad essere smentita dalle stesse leggi italiane non può avere effetti giuridici, ma soltanto scopi ed usi politici.

Il giudice italiano ordinario di qualsiasi grado, Cassazione inclusa, ha infatti l’obbligo di conoscere ed eseguire gli obblighi internazionali dello Stato, ma non ha il potere di disconoscerli né di modificarli, che spetta al Parlamento e semmai alla Corte Costituzionale.

Questa sentenza di Cassazione non può quindi esonerare gli altri magistrati od altri funzionari pubblici italiani dall’obbligo giuridico personale, nei rispettivi incarichi, di conoscere ed eseguire le leggi vigenti e di impedirne la violazione, né dalle loro personali responsabilità penali civili, ed amministrative stabilite dall’art. 29 della Costituzione italiana e dall’art. 40 secondo comma del codice penale italiano.

Si tratterebbe infatti di un uso politico della sentenza che è privo di ogni fondamento giuridico. Ed il fatto che ciò stia accadendo a Trieste in atti di altri magistrati, dal Tribunale Civile alla Procura, e di altri funzionari pubblici, dall’Agenzia delle Entrate al Commissario del Governo e Prefetto, diventa prova ulteriore dell’esistenza e dell’estensione operativa locale di un “sistema” di interferenze efficace.

L’esame di tutti gli atti di causa conferma inoltre che l’attribuzione arbitraria costante di tutte le spese di giudizio alla I.P.R. F.T.T. ha carattere punitivo allo scopo politico di dissuaderla dal continuare a chiedere giustizia.

E questa è una forma di repressione concreta dell’esercizio del diritto fondamentale alla giustizia garantito dagli artt. 24 e 111 della Costituzione italiana, dall’art. 13 della Convenzione Europea sui Diritti Umani, dall’art. 47 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dagli artt. 8 e 10 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Alle prove che hanno evidenza immediata in atti recenti si aggiungono quelle fornite dall’esame storico comparativo delle false affermazioni di inesistenza di diritti di Trieste e del suo Porto Franco internazionale utilizzate in sentenze, anche amministrative, in atti tavolari e per dichiarazioni di organi politici ed amministrativi locali e nazionali dal 2013 ad oggi.

Le analisi dei contenuti, della sequenza e della coordinazione dell’intero complesso di quegli atti segnalano infatti che per quelle false dichiarazioni sono stati utilizzati testi elaborati da una stessa fonte, non giudiziaria, che opera da Trieste ma fornisce le stesse informazioni false anche ad uffici centrali del Governo italiano.

Non vi è quindi ragionevole dubbio sul fatto che la violazione sistematica delle leggi sui diritti di Trieste e sul suo Porto Franco internazionale sia organizzata, coperta e sostenuta da un “sistema” di corruzione delle istituzioni che interferisce illegalmente sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche (art. 1 della Legge italiana n. 17 n. 17/1982).

Si ha infatti corruzione delle istituzioni pubbliche quando esse violano, per qualsiasi motivo, le leggi ed i diritti che hanno il dovere di difendere.

Ed a Trieste questo “sistema” di corruzione delle istituzioni è riuscito persino a chiedere fondi europei del PNRR italiano per finanziare le operazioni illecite dell’Amministrazione comunale Dipiazza sul cosiddetto “Porto vecchio”.

Il Governo italiano farebbe dunque bene a porre fine a questa situazione di pubblica illegalità nell’amministrazione di Trieste e del Porto Franco internazionale prima che gli scandali diventino irrimediabili.

F.W.

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